EQUIPAGGIAMENTO
Il marsupio costituisce la dotazione personale di ogni soccorritore in servizio e contiene i materiali utili ai piccoli interventi.
- fazzolettini;
- disinfettante;
- cerotti;
- forbice;
- marsupio;
- garze sterili;
- guanti monouso;
- compresse di garza;
- rocchetto cerotto;
Lo zaino contiene tutto il materiale necessario agli interventi di primo soccorso:
- Coperta isotermica oro/arg.
- Sfigmomanometro con fonendoscopio
- Apribocca elicoidale
- Maschera per ossigeno con tubo antischiacciamento
- Pallone Ambu rianimazione
- Maschere oronasali
- Cannule di guedel sterili
- Pinza tiralingua
- Teli sterili in TNT
- Laccio emostatico in lattice
- Rocchetti cerotto
- Bende garza idrofila
- Bende elastiche
- Salviette disinfettanti
- Flacone disinfettante
- Flacone di acqua ossigenata
- Cerotti
- Bende sterili
- Compresse sterili
- Buste steri strips per suture cutanee
- Forbici tagliabendaggi
- Bisturi sterili monouso
- Guanti protettivi
- Rianimatori bocca a bocca
Con “steccobende” si intende un sistema di immobilizzazione per gli arti. Lo scopo è quello di evitare che una frattura subisca ulteriori danni dovuti al movimento durante il trasporto a valle e poi in ospedale.
Ne esistono di varie forme e materiali: le più diffuse sono in tessuto sintetico con rinforzi di plastica rigida, di varie forme e misure sagomate per la zona anatomica che deve essere bloccata. La manovra per mettere una steccobenda è abbastanza semplice, ma deve essere sempre fatta da soccorritori addestrati, in quanto manovre errate possono causare gravi danni.
Generalmente, mentre un soccorritore tiene fermo l’arto, sorreggendo le due estremità separate dalla frattura, l’altro soccorritore posiziona la steccobenda, serrandola all’arto.
Oltre alle steccobende rigide, ne esistono un altro tipo definite “a depressione”. In questo caso le steccobende sono composte da contenitori plastici in cui sono presenti un gran numero di piccole sfere sempre di materiale plastico. Togliendo, mediante una pompa aspirante, l’aria dall’interno della steccobenda, questa riesce a sagomarsi sull’arto colpito, diventando molto rigida grazie alla presenza delle piccole sfere.
Il materassino a depressione (o decompressione) è un presidio di primo soccorso per il trasporto di pazienti.
ll materassino a depressione, analogamente alle steccobende a depressione, non è altro che un materassino in gomma al cui interno vi è un sacco contenente palline di polistirolo circondato da una camera d’aria dotata di valvola.
Dopo aver distribuito uniformemente le palline vi si adagia il paziente, solitamente mediante barella cucchiaio poi estratta, e si sagoma il materassino attorno al corpo dell’infortunato.
Utilizzando la pompa aspiratrice, poi, si estrae l’aria contenuta nella camera.
L’estrazione dell’aria comprime le palline di polistirolo, che, aderendo fra loro, danno al materassino sagomato attorno al corpo del paziente una consistenza rigida.
In questo modo il materassino immobilizza il corpo impedendo all’infortunato, che viene anche assicurato attraverso normali cinghie, qualsiasi tipo di movimento.
Questo presidio viene utilizzato in caso di pazienti non politraumatizzati, ovvero in pazienti con sospette distorsioni articolari, lussazioni o altre patologie non traumatiche.
Per tutte le altre patologie viene usata la tavola spinale.
La tavola spinale o asse spinale è un presidio utilizzato per l’estricazione, l’immobilizzazione e il trasporto dei pazienti politraumatizzati.
La tavola spinale è stata concepita per ottenere l’immobilizzazione e la contenzione dell’intero corpo mantenendo l’allineamento della testa, del collo e del tronco del paziente politraumatizzato. Viene quindi utilizzata in caso di incidenti traumatici in cui si sospettano lesioni alla colonna vertebrale.
In questo caso è d’obbligo l’immobilizzazione della colonna vertebrale per non provocare al paziente altre lesioni.
Una buona tavola spinale deve avere queste caratteristiche:
- ottima rigidità (deve mantenere la forma anche in presenza di carichi notevoli minimo richiesto dalla normativa di 150 kg)
- versatilità (può essere utilizzata per diversi tipi di pazienti, lesioni e frangenti)
- isolamento termico
- maneggevolezza, impugnature solide e fissaggi adeguati (numero di fori adeguati che permettano una buona presa da parte dei soccorritori e un adeguato posizionamento dei sistemi di fissaggio)
- radiocompatibilità (per permettere l’esecuzione di indagini diagnostiche quali RX, TC e MRI)
- resistenza ad urti e corrosioni
- dev’essere lavabile e igienizzabile
- concordanza con gli altri presidi di immobilizzazione (collare cervicale, fermacapo, ragno ecc.)
Quando ci si trova di fronte ad un paziente politraumatizzato è d’obbligo l’immobilizzazione della colonna vertebrale per non provocare al paziente altre lesioni.
Per questo motivo l’uso della tavola spinale deve essere preceduto dal posizionamento del collare cervicale e seguito dal posizionamento del fermacapo e dal ragno per bloccare il paziente sulla tavola spinale
I collari cervicali sono utilizzati per prevenire la flessione, l’estensione o la rotazione cervicale.
I fermacapo (detti anche cunei per la loro forma) sono dei presidi di forma trapezoidale. Essi vengono usati al fine di immobilizzare il capo di un paziente traumatizzato.
Nella parte inferiore è solitamente presente un velcro, che viene applicato nell’apposito alloggio situato sulla tavola spinale; nella parte laterale invece si può notare un foro, il quale deve corrispondere alle orecchie del paziente, al fine di monitorarle anche in caso di otorragia.
Le due strisce che uniscono i fermacapo, applicabili con velcro e chiamate mentoniere, servono ad immobilizzare ulteriormente il capo del paziente e vanno poste una sul mento e l’altra sulla fronte. L’utilizzo del fermacapo senza mentoniere è di scarsa efficacia nell’immobilizzazione del traumatizzato.
Con il termine ragno si fa riferimento a delle particolari cinte usate per immobilizzare il busto e gli arti di un paziente che ha subito un trauma, una volta posizionato sulla tavola spinale.
Il ragno è generalmente composto da una lunga cinta verticale – che viene posizionata lungo tutto il corpo, dal collo ai piedi – e da 10 cinte poste sopra di essa in maniera orizzontale e simmetrica tra loro, 5 a sinistra e 5 a destra. La prima fascia di cinte ha la forma a V e viene fissata all’estremità superiore della tavola spinale, al di sopra della testa.
Tutte le altre cinte vengono fissate ai lati della tavola spinale. La seconda fascia viene posizionata all’altezza delle spalle, la terza fascia all’altezza della vita, la quarta all’altezza delle ginocchia e la quinta all’altezza delle caviglie.
Akja è una parola di origine scandinava che indica la ”barella” utilizzata per il trasporto del traumatizzato sulle piste da sci.Questa attrezzatura viene anche chiamata toboga nome irochese di una slitta da trasporto usata da varie tribù di pellirosse del Canada.
È costruita in alluminio, in struttura “monoblocco” che ne garantisce compattezza.
Sotto il fondo, longitudinalmente rispetto alla scocca, sono posti due pattini in acciaio rinforzato che ne permettono una guida stabile anche in caso di neve ghiacciata.
Le due coppie di stanghe guida possono essere facilmente staccate grazie agli agganci a baionetta.
Il materassino a depressione, all’interno del quale è stato immobilizzato l’infortunato, viene posto all’interno dell’akja, e fissato ad essa tramite le cinghie della stessa.
Dopodichè i soccorritori procederanno alla conduzione sino a valle dell’akja, preservando al massimo l’immobilità del paziente che trasportano.
La giacca è in colore ROSSO PIENO. Il tessuto è un poliestere lavorato, imbottito con ovatta. Il cappuccio è staccabile e regolabile, tasca sulla manica per il biglietto di risalita, tasca per cellulare con cinturino integrato e foro d’ingresso per gli auricolari. Polsini in costina con foro per il pollice, e panno di pulizia lente occhiali nella tasca interna. Possibilità di fissare la giacca ai pantaloni mediante ghetta antinevetermica.
Sulla parte anteriore destra è apposto lo stemma dell’associazione. Sulla manica destra è apposto invece lo stemma che individua il grado o l’incarico del volontario.
I pantaloni sono in colore NERO PIENO. Il tessuto è un poliestere lavorato, imbottito con ovatta. Cerniere impermeabili, prese d’aria sui lati, bretelle rimovibili, ghetta antineve. Rinforzi alle estremità delle gambe, velcro vita regolabile.
Sui pantaloni non sono presenti stemmi.
I nuovi volontari che iniziano a far servizio, in affiancamento ai volontari effettivi prima e come volontari effettivi poi, in attesa dell’arrivo della divisa che solitamente viene ordinata al partner tecnico due volte all’anno (indicativamente nei mesi di Marzo e Novembre), vengono dotati di una pettorina con il logo dell’associazione e la dicitura “Soccorso Piste”, che sarà indossata sopra la giacca a vento personale.
In questo modo anche loro, sebbene sprovvisti della divisa di servizio, saranno riconoscibili dagli utenti delle piste.